Dal Congresso
“Donna, Salute e Sport” 1990
Il termine trans-formazioni è un pò la
chiave del mio intervento e del mio pensiero.
Si può intendere infatti lo sviluppo come un
processo continuo, non uniforme. Ogni fase di transizione, di passaggio, è una
fase critica (‘dissipativa’) in cui sono possibili varie soluzioni e scelte creative
di sviluppo delle potenzialità specifiche di ogni fase, oppure esiti bloccanti, riducenti
la flessibilità o a volte portando addirittura a morte fisica o psichica la ‘persona’ (intesa come identità integrata in tutti i suoi aspetti, consci e inconsci, femminili
e maschili, che potremo anche identificare con il Sé).
Secondo Money (J.Money, 1975) i grandi periodi
critici dello sviluppo femminile sono quattro:
1. il periodo della vita fetale
2. il periodo della pubertà
3. il periodo della gravidanza e del puerperio
4. il periodo della menopausa.
Sono critici, poi, tutti quei periodi “in cui
si verificano malattie implicanti una ferita grave sul Sé somatico in quelle
parti che simbolicamente rappresentano la femminilità” (J. Baldaro Verde,1987).
Il contesto relazionale e socio-economico in
cui tali periodi sono vissuti ‘surdetermina’ la direzione dello sviluppo. L'individuarsi
della persona procede inoltre attraverso formazioni o passaggi di transe
(da cui il termine trans-formazioni) e la ‘persona’ può essere presente
in una fase e venire dissolta in un’altra.
La trance (o transe) com’è stata da me
definita (D.R. Pacchini,1989), è una condizione di particolare plasticità neuropsicofisiologica
in cui è possibile accedere a tutte le potenzialità consce e inconsce per
svilupparle ed enfatizzarle o viceversa per coartarle, atrofizzarle.
La transe è la via per un cambiamento
radicale in senso creativo o distruttivo.
Nei contesti sociali transe più o meno
profonde insorgono facilmente in rapporto a specifiche gestalt e contesti
emotivo-comunicazionali (ad es. in rapporti di dipendenza, con l’inibizione
sessuale, doppi legami, focalizzazione dell’attenzione, comunicazioni
confondenti e tattiche persuasive varie) e sono legate al grado di
coinvolgimento in certi ruoli (role playng) indotti dal contesto
socio-comunicazionale e dalla microfisica di potere ivi presente. Esse sono
particolarmente suscettibili ad essere indotte nei periodi critici suddetti e
nelle ‘rest-phases’ del ciclo ultradiano.
Come scrive anche la Ritterman (M. Ritterman,
1985) "i contesti sociali e la famiglia possono ipnotizzare le
persone" ed espongono gli individui continuamente al rischio di vivere la
propria esperienza con coscienza assoggettata o coscienza libera.
Tralasciando ogni disanima del contesto storico-sociale
più generale (perché ci porterebbe troppo lontano), una delle strutture a
rischio per lo sviluppo psicofisico è l’istituzione famiglia, anche
nella versione più moderna. Non mi riferisco qui a quegli insiemi ‘naturali’ di
persone unite da rapporti d’affetto e d’amore sessuale, quanto a quell’organizzazione
coercitiva altamente formalizzata e azienda (piuttosto diffusa) definita da W. Reich
"famiglia coattiva" e la cui funzione sociopolitica di riproduzione e
stabilizzazione dell’ordine e dei valori vigenti era divenuta sempre più
predominante nel secolo scorso. Il ruolo del ‘temenos’ familiare è tuttavia
andato progressivamente scadendo perché non più così funzionale alla società
industriale avanzata se non come area di un eterno provvisorio parcheggio per i
figli precarizzati dalle continue ristrutturazioni capitalistiche. Tale
funzione si associa a quella ancora più mercuriale e subliminale dell’ ‘autorità
anonima’ dei mass-media di cui l’istituzione famiglia è divenuta cassa di
risonanza. (D.Ripetti-Pacchini,1989-'90)
Quanto più alta è la costrizione formale, tanto
più patogenetica è la famiglia, quanto più non dipende dalla libera
accettazione e disponibilità dei membri, ma da coercizioni e ricatti
relazionali e non è basata su una sana sessuoeconomia (ma sul moralismo-pornografico
tipico delle istituzioni coattive) tanto più involutive e mortifere sono le
induzioni di trance familiari.
Nella famiglia e nel neofamilismo
contemporaneo si è assistito inoltre ad uno spostamento dei figli “da una
posizione relativamente periferica, ad una posizione di assoluta centralità” (M.
Selvini Palazzoli,1988), ma questo fatto invece di recare grandi vantaggi ha
comportato notevoli patologie e devastazioni nella vita degli individui e nella
loro libertà.
Il mutamento occorso nella struttura
familiare è intrinsecamente connesso allo sviluppo del capitalismo maturo ed
alla svalutazione e alienazione in questa società dell’individuo che, non
potendo trovare in essa effettivo spazio e sostegno, è spinto a cercare compensazioni
simboliche e a delegare la propria protezione al ‘clan famiglia’, protezioni per cui paga
spesso e volentieri altissime tangenti quanto più è senza potere.
Il figlio-oggetto rappresentante simbolico
della potenza e del prestigio genitoriale (‘ectoplasma genitoriale’), è il
nuovo trastullo concesso ai timori-e-tremori di cittadini dall’identità
precaria, nuovo bene di rappresentanza accanto alla casa, all’auto, ai beni
mobili e immobili.
In questo scenario la crescita diviene
particolarmente insidiosa.
Siamo passati da una fase in cui era la
nascita del figlio maschio ad essere ambita, ad una fase in cui richiesta è
proprio la figlia femmina e come fa notare Laura Corti (1987) “La parità non
c'entra ... ma piuttosto il fatto che tra i figli le femmine sono strumenti più
docili, più affidabili: in una società in cui i vecchi sono emarginati e soli, dalla
figlia ci si aspetta che più del figlio ... assista l'invalidità, colmi la
solitudine ... Essa rappresenta un rifugio per chi la genera e dunque è per
altri, non per sé. E vivere senza essere il fine della propria vita, non è un
vero vivere”.
Dal momento che la percezione e l’immagine di
sé è intrinsecamente legata alla trama di relazioni intessute con e dalle
persone circostanti, focalizzerò l’attenzione su alcune dinamiche relazionali
nodali nell’esperienza d' individuazione della persona e nella sua patogenesi.
Schema interpersonale tipico delle famiglie
coattive è la “triangolazione e l’utilizzo più o meno consapevole ed in varia
forma dei figli” (R. Perotti 1985). Accanto al complesso di Edipo ed Elettra, o
meglio di Mirra (la figlia del re del Libano innamorata del padre), presente
nella famiglia borghese occidentale, esiste nei bambini una tendenza a crescere
verso l’autonomia e l’accoppiamento eterofamiliare.
Il ‘rimosso’ (spesso anche nella letteratura
psichiatrica) di queste vicende, è però il blocco della crescita attuato da
genitori di figli disfunzionali e l’attaccamento patogeno dei genitori verso i
figli. E quanto più forte è il desiderio (mascherato da doppi messaggi senza
fine) e la seduzione genitoriale, tanto più alta è la patologia e l’impossibilità
successiva dei figli a stabilire reali rapporti extrafamiliari e ad esistere.
Come Crono, la cui prerogativa
distintiva era divorare la prole, un certo numero di genitori (o di loro rappresentanti), divorano, fanno
propria la vita dei figli, vuoi per impotenza o altri problemi sessuali (ginecofobia,
ambivalenza verso gli uomini o le donne), vuoi per ricattare e dissuadere un
coniuge dalla separazione.
Nelle trans-formazioni del femminile, la bambina può
essere bloccata ad es. dalle transe mortifere o dallo ‘straziante dolore’ ricattatorio
di una madre Demetra (non a caso figlia di Crono) che insegue Persefone
per tutta la terra per riappropriarsene o può incorrere nell’eventualità di un padre
seduttore (puer aeternus) che invece di avere un rapporto d’amore
privilegiato con la moglie o un’altra compagna, diviene partner della figlia
mettendola al primo posto (D.R. Pacchini,1984-1989; M. Woodman,1985; J.B.Verde,1987).
Alcune ricerche effettuate (J.Baldaro Verde
1987) hanno permesso di verificare come il comportamento del padre seduttivo (esistono
anche madri seduttive) causi danni maggiori di un incesto avvenuto.
Oppure c’è il caso del padre o della
madre-tiranno; questi considera figlia e coniuge quali oggetti parziali al suo
servizio impedendo l’investimento d’amore su di sé. Assieme al coniuge
frustrato trasmette alla figlia un modello negativo di rapporto uomo-donna.
Il distacco dalla famiglia (evento da
consumarsi nella fase di transizione adolescenziale), così come l’emancipazione
e le trasformazioni positive del femminile divengono estremamente problematiche
in presenza di dinamiche familiari di questo tipo. Tali dinamiche rappresentano inoltre alcuni dei principali freni alla pratica sportiva ed in
particolare ad una pratica intesa come esperienza d’autosviluppo.
D’altro lato il contesto sociale più ampio
non offre grandi opportunità di crescita. L’adolescente dall’identità incerta è
infatti un appetibile oggetto di manipolazione a fini di mercato. La ‘condizione
adolescenziale’, favorita dal contesto socio-economico capitalista (fase sempre
più lunga in questa società), implica una continua ricerca (insoddisfatta) di
conferme e modelli d’immagine; chi attraversa questa fase è quindi
potenzialmente molto responsivo alle suggestioni dei mass-media ed al fenomeno della
‘riprova sociale’ ad essi connesso.
La saturante eterogeneità d’immagini – chiacchiere
– travestismi offerta dai mass-media, rende difficile alle incertezze
dell’adolescente sentirsi, scegliere, sperimentarsi, ed in genere ciò favorisce
la scelta rassicurante d’immagini e modelli stereotipi proposti e riproposti
come ancore comportamentali o anche modelli apparentemente ‘trasgressivi’ ma di
fatto preconfezionati e conformi alle
sempre cangianti necessità del mercato e del consumo.
Manca infatti lo spazio privato realmente
intimo, il silenzio, il contatto intra e interpersonale forte per l’esperienza
in sé.
L’ambiente sportivo, se pure anch’esso
attraversato dalle stesse contraddizioni e malori del contesto generale, può
offrire tuttavia una grande possibilità. Come scrive anche A. Salvini (1982):
“Lo sport offre uno spazio d’esperienza che in qualche maniera consente il
superamento del recinto familiare e la costrizione conformista del gruppo dei
coetanei”. La pratica sportiva femminile benché non sia esente da pregiudizi ed
ancora modestamente diffusa tra le donne (M. Guicciardi, A. Salvini, 1988), spezza
l'immagine tradizionale della donna riconoscendole quei fondamentali bisogni
d'espressione psicofisica, di cui è stata storicamente e socialmente deprivata.
Il corpo, per la donna sportiva, può diventare
una via maestra per la conoscenza di sé, così come la sfida, la tensione
della prova competitiva, spingendola a mettere in gioco tutta sé stessa, può
essere un mezzo per rivelarle e addestrare capacità sconosciute e per promuovere
una risintesi interiore.
Secoli di aspettative limitanti la percezione
e lo sviluppo delle proprie potenzialità psicofisiche, avevano realmente
segnato in senso restrittivo il destino, il comportamento e la neurofisiologia
femminile come molte ricerche hanno messo in evidenza (M. Guicciardi, A. Salvini,
1988) e come emerge dalla stessa ricerca nel campo dell’ipnosi e dell’ideomotricità
dove si vede quanto le aspettative e l’immaginario (sopratutto se sollecitati
in relazioni significative), plasmino in modo forte le risposte
comportamentali. La donna-atleta è stata per lungo tempo pensata come una
particolarità eccentrica statisticamente non significativa (l’eccezione che
conferma la regola), spesso e volentieri come un fenomeno da baraccone o comunque
come un incomprensibile oggetto-tabù, e questo ha pesato e pesa in senso
negativo sulle sue motivazioni allo sport.
La crescente diffusione delle pratiche e dei
risultati sportivi nei settori femminili giovanili e d’élite, ha mostrato
concretamente quanto tali pratiche siano state e possano essere per la donna
non l’effetto speciale di una qualche fatale anomalia, ma esperienze
alternative per spezzare immagini e simulacri limitati e limitanti dentro e
fuori di sé. La stessa alta prestazione presentandosi come un processo alterato
o alternativo di coscienza, offre l’opportunità di essere un’intensa esperienza
mentale controinduttiva e liberatoria, una transe separata che tracci e
ridisegni i confini personali, rispetto agli invischiamenti e agli
assoggettamenti di altre trance sperimentate in contesti familiari e sociali.
L’ambiente sportivo (nella misura in cui non
riproduce dinamiche coattive), può diventare, con la facilitazione dei
suoi trainer fisici e mentali, una cornice di protezione (un ‘temenos’) dove riattivare
il processo di crescita ed individuazione arenatosi in reti relazionali
involutive.
Certo ci saranno sempre delle coppie
genitoriali a tentare di invadere anche quest’area con i propri giochi
narcisistici e di controllo (come accade ad es. quando un genitore adopera le
performance, sportive della figlia-oggetto per esibirsi, espropriandola del
corpo e del desiderio del gioco, della motivazione allo sport e alla
conoscenza) e non mancheranno, non mancano, i tentativi dei mass-media di
riciclare la donna-atleta in via di emancipazione per il loro scopo di pura
immagine.
Il compito dei facilitatori perciò non
è semplice, essendo loro stessi suscettibili di cadere in reti relazionali
invalidanti.
Studi condotti sullo sport femminile (A. Salvini
1982), indicano come in genere siano i genitori (in particolare il padre) a
favorire la scelta sportiva della figlia. La loro concezione (dichiarata) dello
sport è però di tipo salutistico, in senso stretto, piuttosto che legata a
finalità di socializzazione e di emancipazione (quindi di distacco dalla
famiglia e dai cliché sul femminile).
Orientato in modo adeguato il ‘temenos’ sportivo
potrebbe rappresentare effettivamente un contesto rituale per sostenere i
passaggi, le fasi critiche dello sviluppo, dovute sia ai cambiamenti
fisiologici e neuro-ormonali intervenenti, sia all’evoluzione storica dell’immagine
femminile. D’altronde la trasformazione in senso liberatorio del femminile ha
un effetto propulsivo anche sulle potenzialità maschili, ugualmente costrette nei
corsetti di rigidi e innaturali ruoli. Tutta la ricchezza di ‘persona’ che spetta alla donna, spetta anche all'uomo (non
a caso adesso cominciamo a scoprire ad es. il valore della paternità e i comportamenti
di tenerezza maschili). Anche l'uomo può così cominciare a sganciarsi dalle
violenze psicologiche, sessuali e dagli sfruttamenti di cui è stato, ed è,
ugualmente vittima.
Riferimenti bibliografici
Baldaro-Verde J., Donna Maschere e Ombre,
Cortina, Milano '88.
Corti L.,"Prefazione",in Puoi volare farfalla di Woodman M. (trad.it.),
Red Ed., Como 1987; (tit.orig.) The Pregnant Virgin, Inner City Books,Toronto
1985.
Guicciardi M., Salvini A., (a cura di), La
psicologia dell’ atleta, Giuffré, Milano 1988.
Guicciardi M., Salvini A., (a cura di), La
psicologia dell’ atleta, Giuffré, Milano 1988. Cfr. all'interno del testo La
donna atleta di M. Guicciardi e A. Salvini e Nuovi orientamenti
nell'applicazione di tecniche autoregolative allo sport di D. Ripetti
Pacchini . ISBN
8814015368, 9788814015366
Money J.,Tucker P., (1975), Essere uomo,
essere donna (trad. it.) Feltrinelli, Milano 1980.
Perotti R., L'incesto multiforme, Giuffré,
Milano 1985.
Ripetti-Pacchini D., (1984-1989), "Lo
sport come esperienza d'autosviluppo", in Semaforo Verde, Anno
XXVII, 2,(259),15-18,1990; "Ipnosi e approccio multimodale nelle gare di
lunga durata", Rivista Italiana di Ipnosi Clinica e Sperimentale, Anno
IX, 3, 64,68,1989.
Ripetti-Pacchini D., (1983-'84), Attualità, prefigurazioni e limiti del primo Wilhelm Reich - Università degli Studi Roma - Facoltà di Psicologia.
Rittermann. M., Usig Hypnosis in Family Therapy, Jossey
Bass, S. Francisco 1983.
Salvini A., Identità femminile e sport,
La Nuova Italia, '82 Salvini-Palazzoli M.
et al., I giochi psicotici nella famiglia, Cortina, Milano 1988.
Woodman M., The Pregnant Virgin op.cit.
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