The topics of this blog by Daniela Ripetti-Pacchini concern the phenomenology of consciousness in its many transformations (alternative and/or alterated states of consciousness, peak experiences, hypnosis, etc.), mass psychology and the various self-regulation techniques to access, facilitate and regulate psychobiogical processes and transitions.
domenica 30 novembre 2014
EVOLUZIONE DEL SETTING TERAPEUTICO (EVOLUTION OF THE THERAPEUTIC SETTING) by Daniela Ripetti Pacchini. Dal 'Giornale Storico di Psicologia Dinamica' 1986 - ISBN 9788820715199
mercoledì 24 settembre 2014
DANIELA RIPETTI-PACCHINI : "NEW TRENDS IN THE APPLICATION OF SELF-REGULATION TECHNIQUES IN SPORTS"
From LA PSICOLOGIA DELL'ATLETA
Studi e Ricerche sulle differenze individuali
(ISBN 8814015368)
a cura di Marco Guicciardi e Alessandro Salvini
Giuffré Editore 1988
Giuffré Editore 1988
http://www.academia.edu/8185184/Nuovi_orientamenti_nellapplicazione_di_tecniche_autoregolative_allo_sport._Di_Daniela_Ripetti_Pacchini._Da_La_Psicologia_dellAtleta_a_cura_di_Marco_Guicciardi_e_Alessandro_Salvini
The paper, that you may find in Italian at this link, is from the book “La Psicologia dell’Atleta” and deals with some new trends in the application
of self-regulation techniques in sport.
After defining some key terms
used (such as self-regulation, flexibility, hypnosis and facilitation) I
outline here the type of utilization which can be made of self-regulation
strategies by operators, technicians of the sporting sector and by athletes
themselves.
I then present some reading
criteria of behavior (verbal and non verbal) and the communication games useful
to operators in their rapport with athletes and trainees in general.
The issue of some cyclic
psychobiological variations (ultradian rhythms) is also discussed.
In addition, the book "The
Psychology of the Athlete" includes other specialist readings
of great interest.
sabato 13 settembre 2014
Wilhelm Reich's "Dialectical materialism and psychoanalysis" (Materialismo dialettico e psicoanalisi) by Daniela Ripetti P.
MATERIALISMO DIALETTICO E PSICOANALISI.
Ho citato questi casi per mostrare quanto non sia facile valutare la precisa ‘dialetticità’ di una disciplina.
[34] Reich W., Materialismo dialettico e psicoanalisi, pp. 22-23-24-25.
Sul finire del saggio egli critica anche quegli analisti che credono al potere della psicoanalisi di trasformare il mondo mediante un’evoluzione, senza rivoluzione sociale.
Dal IV Capitolo di :
Attualità, prefigurazioni e limiti del primo Wilhelm Reich
(Periodo Freudo - Marxista 1920-1936)
di Daniela Ripetti - Pacchini (1983-'84)
Attualità, prefigurazioni e limiti del primo Wilhelm Reich
(Periodo Freudo - Marxista 1920-1936)
di Daniela Ripetti - Pacchini (1983-'84)
Materialismo dialettico e psicanalisi [1], opera scritta da Reich subito dopo la
rottura con il Partito Socialdemocratico Austriaco e all’inizio della
sua attività di consulenza nei quartieri popolari di Vienna, è segnata
profondamente dal rapporto col pensiero di Marx.
E’
un testo di un certo rigore in cui l’A. si proponeva di dimostrare ai compagni
marxisti che la psicoanalisi non è scienza idealista ed è uno dei primi
tentativi per trovare il luogo della psicoanalisi all’interno del materialismo
storico come disciplina di “mediazione” o “ausiliaria”.
Tale
luogo è essenzialmente lo spazio del soggetto e della soggettività.[2]
La
psicoanalisi in effetti può apparire per alcuni aspetti “una teoria non
soggettivistica della soggettività. Essa infatti non considera il soggetto come
un’entità chiusa e limitata, ma come un insieme di rapporti connessi alla
storia individuale”[3],
anche se, come ho già accennato, l’ottica storica di Freud è debole ed è stato
proprio Reich che, non senza contraddizioni, ha dato un più ampio spazio alla
‘storia’ nel divenire del soggetto e della soggettività.
[1] Reich W., Dialektischer
Materialismus und Psychoanalyse, prima ed. : “Unter dem Banner des
Marxismus” (1929, Sotto la bandiera del marxismo), sec. Ed.: Köbenhavn, Sexpol
Verlag, 1934.
[2] E’ necessario nell’utilizzare termini
convenzionali come ‘soggettività’ ‘oggettività’, non creare, come spesso accade,
due campi separati di cui non si coglie l’articolarsi complesso. In effetti
spesso si è giunti ad un monismo idealistico soggettivo (soggettività piena e
incondizionata) o ad un monismo idealistico oggettivo (appiattimento della
dialettica per rozzo economicismo), che sono altra cosa, rispetto al monismo
materialista complesso (complesso articolarsi della materialità) presente nel marxismo.
[3]
Lorenzer A., Über
den Gegenstand der Psychoanalyse: oder Sprache
und Interaktion, Frankfurt
Suhrkamp, am
Main 1973, p. 159.
Caratteristica specifica fra l’altro del ‘marxismo occidentale’[4], è stata proprio quella di
spostare l’attenzione dal marxiano rapporto sociale di produzione al ‘soggetto
rivoluzionario’ (mentre quello ‘orientale’ l’aveva spostata, in particolare con
Stalin, sulla “teoria delle forze produttive”) [5].
Il
tema della soggettività che agli inizi del ‘900 si afferma come tema centrale
del marxismo occidentale, non poteva non essere affrontato da Reich che proprio
sui soggetti del cambiamento lavorava.
Il
suo pensiero in rapporto a questo problema, anticiperà per molti aspetti
tendenze che si svilupperanno sia in senso negativo che positivo, all’interno
del ‘marxismo occidentale’ (dalla Luxemburg, al movimento del ’68, agli esiti
dell’operaismo di destra e di sinistra).
Mi
riferisco in particolare allo spostamento d’attenzione sul polo della
soggettività, che ha comportato non solo l’attenzione (positiva) al soggetto
“motore della politica” (schiacciato spesso dall’ “autonomia del politico”) e
sulla ‘politicità’ di ciò che tradizionalmente era stato escluso (il corpo, la
famiglia, il sapere, la vita quotidiana nei suoi minuzzoli interstiziali…), ma
anche una spinta ‘soggettivizzazione’ (negativa), con una eccessiva
psicologizzazione dei conflitti sociali ed un forte decentramento del ‘rapporto
di produzione’ [6].
[4] Cfr. il saggio di Costanzo Preve in Alla
ricerca della produzione perduta, Edizioni Dedalo, Bari, 1982, in particolare
pp. 69-70-71.
[5] Spostamenti per molti aspetti e, nonostante le
apparenze, solidali e complementari (vedi anche il sopra citato articolo di
Preve).
[6] ‘Soggettivismo’ e ‘decentramento’ che hanno
comportato, davanti a certe sconfitte operaie, un sfiducia profonda nella
possibilità di radicali cambiamenti sociali e spesso e volentieri, l’abbandono
del marxismo. Queste tendenze si trovano espresse soprattutto nell’‘ultimo
Reich’, ma senz’altro sono già in embrione nel soggettivismo sia della
formazione ideologica marxista occidentale a cui l’A. si rapportò, sia nel
forte soggettivismo della psicoanalisi ortodossa.
Il
discorso di Reich su “psicoanalisi e marxismo”, si inserisce inoltre in modo
più o meno diretto nel dibattito su psicoanalisi e marxismo che si svolgeva
negli anni ’20 in URSS, nell’ambito del più generale dibattito per la
fondazione scientifica della psicologia (ne è in un certo senso l’equivalente
occidentale).
Sia
Reich, sia gli psicologi sovietici (più o meno favorevoli ad un rapporto con la
psicoanalisi) si rendevano conto che un “approccio materialistico alla psiche
umana, in grado di comprenderla nella sua specifica natura storico-sociale e
che voglia evitare riduzionismi biologistici e metafisici, deve necessariamente
orientarsi nella prospettiva marxista e realizzarsi quindi come approccio
materialistico-dialettico" [7].
Mentre però per scienziati come Lurija, la
psicoanalisi potrebbe essere considerata “un sistema di psicologia monista”
materialista[8]
e dunque facilmente integrabile col marxismo, altri validissimi studiosi come
Volosinov[9], sostenevano con buone
ragioni che la psicoanalisi, soprattutto la psicoanalisi dell’ultimo periodo,
era una “variante della psicologia soggettiva” ancora basata su concetti quali
sentimenti, rappresentazioni, desideri.
Secondo questi autori, tali categorie, mutuate da
Tetens e Kant, verrebbero mantenute dalla psicoanalisi proprio perché in essa i contesti
storico-sociali sono sfumati e le spiegazioni del comportamento vengono
ricercate in una dimensione intrapsichica.
[7] Ponzio A. nell’Introduzione
a Freudismo di Volosinov (Dedalo Libri, Bari 1977, p. 11) a proposito
del pensiero dell’Autore sovietico.
[8] Lurija A.R., Psichoanaliz
kak sistema monisticeskoj psichologii in Psichologjja i marksizm,
Leningrado 1925, G.I.S., a; c; d; Kornilov.
[9] Cfr. ad es. il già
citato Freudismo di V.N. Volosinov a cui sembra abbia collaborato anche
Michail Bachtin, uno dei maggiori teorici russi della letteratura. Purtroppo
Volosinov scompare rapidamente dalla scena scientifica nelle purghe staliniane
degli anni trenta. I suoi lavori, particolarmente per quanto riguarda la
comunicazione linguistica, stupiscono per la modernità.
In
essa inoltre verrebbe psicologizzato l’inconscio. Si finirebbe infine per
arrivare ad una sottile scissione tra psichico e somatico che allontana sempre
di più l’analisi delle modalità comportamentali umane dalle sue basi materiali,
neurofisiologiche ed oggettive-sociali
(che devono e possono essere colte nelle loro interrelazioni reciproche [10].
Questo
per citare dei limiti evidenziati nella psicoanalisi e ricordare alcune voci
emblematiche del dibattito in corso negli anni ‘20.
Nonostante tali critiche rivolte alla psicoanalisi anche da scienziati e studiosi non marxisti, quasi tutti però si trovano d’accordo nel salvare nella psicoanalisi alcuni concetti che non sono “ipotesi metafisiche”[11], ma che esprimono l’esperienza in termini di “strutture di comportamento” come ad es. i concetti reali e non metaforici di conflitto, di difesa, ecc., oppure si riconosceva il ‘nucleo razionale’ della psicoanalisi secondo cui “lo psichico si definisce mediante il senso”[12] o il fatto che Freud avesse abbozzato un rinnovamento nelle tecniche terapeutiche.
Nonostante tali critiche rivolte alla psicoanalisi anche da scienziati e studiosi non marxisti, quasi tutti però si trovano d’accordo nel salvare nella psicoanalisi alcuni concetti che non sono “ipotesi metafisiche”[11], ma che esprimono l’esperienza in termini di “strutture di comportamento” come ad es. i concetti reali e non metaforici di conflitto, di difesa, ecc., oppure si riconosceva il ‘nucleo razionale’ della psicoanalisi secondo cui “lo psichico si definisce mediante il senso”[12] o il fatto che Freud avesse abbozzato un rinnovamento nelle tecniche terapeutiche.
[10] Per quanto riguarda la
dimensione psicologico sociale del comportamento, particolare importanza assume
lo studio oggettivo della comunicazione linguistica (verbale e non verbale e
nei suoi aspetti di ‘contenuto’ e di ‘relazione’) o “pragmatica della
comunicazione”, agita nel contesto storico-culturale specifico.
[11] Vedi ad es. Freudismo
e per lavori più attuali il già citato L’inconscio del marxista Bassin o
“Neuropsicologia e psicoanalisi”in Neuropsicologia dello psichiatra non
marxista Gaetano Benedetti.
[12] La frase è tratta da Dell’Interpretazione.
Saggio su Freud (Bompiani, Milano 1966, p. 412) di Paul Ricoeur, ma essa
sintetizza anche alcune idee di Volosinov sul carattere linguistico e
dialogico-relazionale della coscienza e dell’inconscio nel pensiero
psicoanalitico (anche se Volosinov coglieva i limiti della definizione di tale
carattere all’interno del pensiero psicoanalitico).
Secondo
Reich invece la teoria freudiana nel suo complesso è una scienza
materialistico-dialettica, con solo alcune deviazioni idealistiche, essa ha
perciò con il marxismo importanti relazioni.
Reich
comunque si guarda bene dal creare una superficiale miscela di Marx e Freud e
fin dall’inizio prende le distanze dagli aspetti idealistici della psicoanalisi
in primo luogo dalle sue velleità sociologiche. Sono su posizioni metafisiche,
secondo Reich, quegli psicoanalisti che praticano una “sociologia selvaggia”
applicando con un sorprendente atletismo mentale, il metodo d’analisi
individuale a fenomeni sociali.
Scrive
Reich: “L’oggetto vero e proprio della psicoanalisi è la vita psichica
dell’uomo socializzato. Quella della massa ha importanza per essa solo in
quanto si manifestano nella massa fenomeni individuali (per esempio il problema
del Capo) e inoltre in quanto essa può chiarire, in base alle sue esperienze
sull’individuo, fenomeni dell’ “anima della massa”, quali spavento, panico,
ubbidienza ecc. Però sembra che per essa il fenomeno della coscienza di classe
sia difficilmente accessibile, e che problemi come quello dei movimenti delle
masse, della politica, dello sciopero, che appartengono alla scienza
sociologica, non possano essere oggetto del suo metodo; quindi essa non può
sostituire la sociologia né produrre una dottrina della sociologia sotto forma
di psicologia sociale. Può svelare i motivi irrazionali, che hanno spinto la
psiche di un capo ad aderire al movimento socialista o a quello nazionalista;
può indagare l’efficacia delle ideologie sociali sullo sviluppo psichico
dell’individuo. I critici marxisti hanno ragione quando rimproverano a taluni
rappresentanti della psicoanalisi di cercar di chiarire ciò che con questo
metodo non può essere chiarito…”.[13]
[13] Reich W., Materialismo
dialettico e psicoanalisi, in Psicoanalisi e marxismo,
Savelli Ed., Roma 1975, p. 15.
Ma
più tardi, in Sull’impiego della psicoanalisi nell’indagine storica del 1934
(saggio scritto in risposta alle critiche di Sapir e ad un saggio di Fromm[14]) aggiungerà:
“Il
problema della coscienza di classe una volta non era chiaro. … oggi (però) si
possono dare formulazioni più precise … Si è appurato che gli elementi positivi
e le forze motrici della coscienza di classe non sono interpretabili
psicoanaliticamente, al contrario le inibizioni del suo sviluppo sono da
comprendere soltanto psicoanaliticamente, poiché discendono da fonti irrazionali”[15]. La psicologia, che
giustamente per Reich è sempre sociale, si collocherebbe ai livelli intermedi
“tra il processo economico e l’azione dell’uomo” e “quanto più il comportamento
è razionale tanto più ristretto è il campo d’indagine della psicologia
dell’inconscio; quanto più è
irrazionale, tanto più la sociologia ha bisogno dell’aiuto della psicologia"[16]
Ciò è vero, secondo l’A. in primo luogo per quel che concerne il comportamento delle classi oppresse nella lotta di classe: “Che un operaio o tutta la categoria degli operai industriali tendano ad adeguare la forma di appropriazione alla forma di produzione, non ha bisogno di nessun chiarimento se non del corollario che essi seguono le leggi elementari del principio del piacere e del dispiacere. Ma che la classe oppressa, in larghi strati, accetti o promuova lo sfruttamento in questa o quella forma, si può spiegare direttamente solo in termini psicologici e indirettamente, mediatamente, in termini sociologici".[17]
Ciò è vero, secondo l’A. in primo luogo per quel che concerne il comportamento delle classi oppresse nella lotta di classe: “Che un operaio o tutta la categoria degli operai industriali tendano ad adeguare la forma di appropriazione alla forma di produzione, non ha bisogno di nessun chiarimento se non del corollario che essi seguono le leggi elementari del principio del piacere e del dispiacere. Ma che la classe oppressa, in larghi strati, accetti o promuova lo sfruttamento in questa o quella forma, si può spiegare direttamente solo in termini psicologici e indirettamente, mediatamente, in termini sociologici".[17]
[14] I due saggi sono: Sapir I, Freudismo, sociologia, psicologia (a proposito dell’articolo di W.
Reich “Materialismo dialettico e psicoanalisi”) del 1929-’30 e E. Fromm, Metodo
e compito di una psicologia sociale psicoanalitica del 1932 (Cfr. Psicoanalisi
e marxismo, op. cit.).
[15] Reich W., Sull’impiego
della psicoanalisi nell’indagine storica, in Psicoanalisi e marxismo,
p. 225.
[16] ReichW., Op. cit., p. 233.
[17] Reich W., Op.cit., pp.233-234
[17] Reich W., Op.cit., pp.233-234
“Indirettamente
in termini sociologici” - spiega Reich - “perché la soggezione, ad es., nei
confronti di un dirigente sindacale riformista è essa stessa il risultato, in
ultima analisi di un rapporto sociologico …”.[18]
Il
ruolo della psicoanalisi, sarebbe quello di “scoprire le radici istintuali
dell’attività sociale dell’individuo e, in virtù della teoria dialettica degli
istinti chiarire dettagliatamente le ripercussioni psichiche delle forze
produttive nell’individuo, vale a dire la formazione delle idee ‘nella testa
degli uomini’. Fra i due estremi, struttura economica della società e sovrastruttura
ideologica, le cui relazioni causali la concezione materialistica della
storia ha determinato nel loro complesso, la concezione psicoanalitica della psicologia
dell’uomo socializzato inserisce una serie di anelli intermedi …”.[19]
Secondo
Reich l’ideologia sociale agisce sull’individuo tramite la famiglia, “cellula
ideologica” della società e società in miniatura, dove il bambino impara quella
sottomissione all’autorità che poi estenderà per generalizzazione a tutti i
portatori d’autorità.
E’ su questo anello di trasmissione che la psicoanalisi può dire la sua.
Però Reich aggiunge: “Nel rapporto edipico non sono soltanto compresi gli
atteggiamenti pulsionali, ma anche il modo in cui il bambino vive il complesso edipico e lo supera.
[18]
Reich W., Op. cit., p. 233. In questo testo Reich cerca di evidenziare l’articolazione
complessa (la ‘surdeterminazione’) dei
fenomeni, in particolare rispondendo ad Erich Fromm, la cui prospettiva era, ed
in genere continuò ad essere, eccessivamente psicologistica.
[19] Reich W., Materialismo
dialettico e psiconalisi, pp. 43-44.
E
ciò è indirettamente condizionato sia dall’ideologia sociale generale, sia
dalla posizione dei genitori nel processo produttivo; di conseguenza le sorti
del complesso edipico dipendono in
ultima istanza, come tutto il resto, dalla struttura economica della società.
Anzi, perfino il fatto che abbia luogo un complesso di Edipo è da ascrivesi
alla struttura specifica della famiglia, struttura che è condizionata dalla
società”[20].
Come
si vede, Reich fa uno sforzo importante per cogliere le ‘surdeterminazioni’ del
comportamento dell’uomo e le determinazioni reciproche, le articolazioni
complesse tra variabili economiche, ideologiche e psicologiche, pur lasciando
al fattore economico (almeno fino al 1935), il ruolo di ‘determinante in ultima
istanza’.
Ciò
era perfettamente in linea con le affermazioni di Engels, particolarmente
quelle espresse nelle Lettere a
Bloch, Schmidt e Mehering, che Reich cita a più riprese nei suoi scritti.
Per
quanto riguarda il problema dei “livelli intermedi” di competenza della
psicologia sociale, c’è da dire che anche marxisti come ad es. Antonio
Labriola,. August Bebel, Rosa Luxemburg, G.V. Plekhanov…ed anche lo stesso
Lenin, hanno tentato di descrivere il meccanismo secondo il quale si realizza
la legge “l’essere sociale determina la coscienza”.[21]
Come scrive Boris Poršnev in La
psicologia sociale e la storia: “… la coscienza sociale si compone non
soltanto di ideologie..ma anche di psicologia.
La sottovalutazione della
psicologia porta a semplicizzare la dottrina sulla
struttura e sovrastruttura...
struttura e sovrastruttura...
[20] Reich W., Materialismo dialettico e psicoanalisi,
p. 29.
[21] Marx K., Prefazione (del 1859) a Per la critica dell’economia politica,
Newton Compton Editori, Roma 1972, p. 31.
…
Ad una tale rappresentazione semplicistica, una specie di riflessione speculare
della struttura nella sovrastruttura, i pensatori marxisti più attenti hanno sempre
contrapposto l’idea che i rapporti socio-economici determinino in linea
primaria non l’ideologia ma le stratificazioni più profonde e sistematiche
della coscienza sociale”.[22]
Fu
G.V. Plekanov (alle cui concezioni Reich si deve essere in qualche modo
collegato), che sviluppò la teoria secondo la quale l’anello di congiunzione
tra lo sviluppo economico e la storia della cultura in senso lato è
rappresentato dai mutamenti che intervengono nella psicologia degli uomini e
che sono condizionati dallo sviluppo economico.
Nei
Saggi sulla storia del materialismo (1896)
Plekanov suddivide la struttura sociale della comunità in cinque elementi
interdipendenti: “Il dato livello di sviluppo delle forze produttive, le
interrelazioni tra gli uomini nel processo di produzione sociale definito da
quel livello di sviluppo; la forma di società che riflette queste
interrelazioni tra gli uomini; un determinato stato d’animo e di costume
corrispondente a tale forma di società; la religione, la filosofia, la
letteratura, l’arte corrispondenti alle capacità, agli orientamenti del gusto e
alle tendenze generati da questa situazione”.[23]
Plekanov insiste nell’affermare che senza questo
anello chiamato “stato d’animo e di costume” e che altre volte definisce
“disposizione predominante dei sensi e degli intelletti”, più in generale
definito psicologia sociale, non è possibile
compiere...
[22] Poršnev B.E., La psicologia sociale e la storia,
Edizioni Progress, Mosca 1978, pp. 18-19.
[23] Plekanov G.V., Izbrannyje filosofskije proizvedenija
(Opere filosofiche scelte), Mosca 1956, vol. II, p. 171.
alcun
passo avanti nello studio della storia, della letteratura, della filosofia,
dell’arte, ecc. In un altro passo arriva a sintetizzare così il suo pensiero:
“Tutte le ideologie hanno un’unica radice comune: la psicologia di quella data
epoca”.[24]
Come
si può vedere ciò è molto vicino al pensiero di Reich.
Afferma
però giustamente Poršnev: “Plekanov ed altri marxisti avevano ragione
nell’affermare che questa o quella nuova ideologia non derivano direttamente
dai mutamenti economici, ma sorgono sulla base della psicologia sociale…(tuttavia)
è giusto anche il contrario: l’ideologia influisce in maniera profondissima
sulla psicologia sociale. In altre parole, i due fenomeni interagiscono”.[25]
Anche
Reich, sembrava pensarla così, almeno stando ad alcuni passi dei suoi scritti,
eppure a mano a mano lascia cadere per strada, anche se non completamente, le
prospettive per una lettura articolata della complessa ‘totalità’ sociale.
Progressivamente (ciò è evidente soprattutto negli scritti successivi),
Reich finisce per puntare troppo sul ‘soggetto psicoanalitico della piccola
storia familiare’ e nel ridurre la complessità delle determinazioni e delle
interazioni a questo scenario e/o al flusso indifferenziato della
‘libido-orgone’. Conseguenza, secondo me, (e qui in parte condivido le critiche
di Volosinov) dell’aderenza di Reich alla vecchia epistemologia su cui il
freudismo era basato. Infatti, se da una parte contestò i limiti...
[24]
Plekanov G.V., op.
cit., p. 247.
[25]
Poršnev B.F., op. cit.,
p. 20.
L’ideologia dominante di un certo contesto
sociale si può dire che è surdeterminata sia dal campo economico che dal campo
ideologico e giuridico-politico presente e precedente, così come emerge dalla fase della lotta di classe.
Essa inoltre è determinata (con lo stesso processo circolare a feed-back) dalle
cristallizzazioni dell’ideologia stessa in tendenze alla reazione (‘sets’,
tratti caratteriali, forme relazionali, ecc.) predominanti in una determinata
classe o gruppi sociali, ‘cristallizzazioni’ che influenzano gli ulteriori
sviluppi ideologici.
Inoltre lo stesso contesto è influenzato dalle
relazioni circolari che esso ha inevitabilmente con altri contesti sociali.
della
psicoanalisi classica, dall’altra ne esasperò certi aspetti (vedi ad es. lo
spinto ‘biologismo-metaforico’ finale). Così, se con buona ragione egli
inseriva nella teoria della società i problemi di psicologia sociale e ‘la
storia minuta’ o ‘microstoria’, non riusciva a mantenersi sempre a livello
delle sue intuizioni.
Prevedendo
gli scivolamenti del suo pensiero, fece bene perciò Sapir nel 1929-30 a
ricordare a Reich, in un saggio in risposta a Materialismo dialettico e psicoanalisi, la complessità delle
variabili implicate nel processo sociale.[26]
Oltre
alle “condizioni materiali d’esistenza”, i “centri sociali d’influsso
ideologico”, il potere dei mass-media, in particolare la forma di
comunicazione e di relazione espressa per loro tramite, il problema della
“disciplina macchinica”[27] in fabbrica e in altri
luoghi di lavoro, le molteplici interrelazioni tra questi e i bisogni sociali
storicamente determinati o, per usare un’espressione reichiana, le disposizioni
“ancorate” nelle classi e nelle masse …, tutto ciò non poteva essere trascurato
da un teorico della società di massa come Wilhelm Reich.
Ma come Reich ha lasciato per strada la ‘surdeterminazione’ del processo
sociale, così non ha portato avanti un’organica ricerca sociologica e storica
per capire come le realtà economiche si traducano in politica, etica, religione
“nelle teste degli uomini” tramite l’anello di trasmissione rappresentato dalla
struttura familiare. La riduzione alla dimensione psicoanalitica dei processi
sociali non gli ha permesso di cogliere certi fenomeni tendenziali, quali ad
esempio, il decentramento che stava...
[26] Sapir I., Freudismus, Sozologie,
Psychologie in Unter dem Banner des
marxismus (1929-’30), trad. It.: Freudismo,
Sociologia, Psicologia in Psicoanalisi
e marxismo, op. cit., in particolare pp. 64-5. Sapir nella sua risposta a
Reich, muove da un’analisi marxista e le sue osservazioni sono interessanti
anche se non prive di schematismo.
[27] Gaudemar J.P., Preliminari per una genealogia delle forme
di disciplina nel processo di lavoro capitalistico, in Aut Aut n. 167-168, 1978, La Nuova Italia
editrice, Firenze.
iniziando
a subire l’antica famiglia patriarcale nella nuova fase capitalistica. Come
scrive Werner Brede: “mentre fino all’inizio del nostro secolo il compito di
trasmettere e mediare la tradizione era assolto principalmente all’interno
della famiglia, ora viene svolto sempre di più da altre istituzioni sociali.
Contemporaneamente, con l’evoluzione verso una società ‘senza padri’ (A.
Mitscherlich) cambiano i contenuti dell’educazione. Per l’America D. Riesman ha
costruito il tipo dell’uomo eterodiretto, che sostituisce quello autodiretto.
Analogamente a questo modello, procede anche la descrizione di Horkeimer della
transizione dall’educazione borghese a quella di oggi. Mentre nell’epoca
borghese la persona e la posizione del padre condizionavano la formazione
affettiva e sociale dei figli, con la perdita della sua funzione sociale il
padre si vede anche privato del suo ruolo di educatore primo e paradigmatico.
La famiglia non è più un ambiente pedagogico chiuso, e fa posto alla società,
alla scuola, al gruppo dei coetanei, allo sport e infine ai mass media, che
riproducono ancora una volta tutto ciò che sussiste…”.[28]
In
effetti la psicoanalisi, nonostante l’importanza di molte sue scoperte, appare
insufficiente ad impostare un complesso discorso di psicologia sociale capace
di articolarsi con il pensiero marxista.
[28] Brede W., Prefazione a La società di transizione di
Max Horkheimer, G. Einaudi Editore, Torino 1979, pp. IX-X.
La famiglia sempre più decentrata (non certo
dall’educazione collettiva di tipo socialista) è relegata spesso e volentieri
ad un ruolo di ‘assistenza’ e ‘mutuo soccorso’ nei confronti del singolo,
laddove lo stato non riesce a garantire tutti i membri società.
Da ciò la permanenza di una “morale coattiva e scissa” che contraddice la più o meno implicita ideologia della massima libertà-disponibilità-fluidità del cittadino davanti alla ricchezza-infinita consumabilità-libertà del mercato (Ripetti Pacchini D.1969). Sarebbe lungo discutere qui le scissioni, razionalizzazioni o fantasmatizzazioni che le due “false coscienze” (o subcoscienze) determinano e quanto in questa condizione sia difficile realizzare quella forma di rapporti, di crescita e d’amore che anche Reich auspicava.
Da ciò la permanenza di una “morale coattiva e scissa” che contraddice la più o meno implicita ideologia della massima libertà-disponibilità-fluidità del cittadino davanti alla ricchezza-infinita consumabilità-libertà del mercato (Ripetti Pacchini D.1969). Sarebbe lungo discutere qui le scissioni, razionalizzazioni o fantasmatizzazioni che le due “false coscienze” (o subcoscienze) determinano e quanto in questa condizione sia difficile realizzare quella forma di rapporti, di crescita e d’amore che anche Reich auspicava.
Oltre
alla limitata coscienza storica, mancano alla psicoanalisi (ma qui accenno solo
il problema) categorie come ad es. quella di comunicazione che le permettano di
uscire dalle impasses di una psicologia individuale-monadica.
Il
concetto di comunicazione può forse aiutare a capire meglio (al di là di una
divisione schematica psicologia-ideologia), come l’organizzazione segnica, la
progettazione ideologica, la forma stessa dello scambio comunicativo
determinino certi effetti pragmatici ed una sorta di “programmazione
neurolinguistica”. (Sono molti a questo proposito i lavori teorici e
sperimentali in corso).
Le
modalità di programmazione pragmatica ed ideologica negli scambi d’informazione
tra soggetto sociale e soggetto sociale, mass media e soggetto sociale,
sfuggono in buona parte alla psicoanalisi che è essenzialmente come sostengono
anche Watzlawick, Beavin e Jackson, “una teoria dei processi intrapsichici”.[29]
Proprio
la debole impostazione storico-sociale e relazionale della psicoanalisi ha
permesso quegli scivolamenti e quella sostituzione di categorie oggettive
socio-economiche con categorie psichico-soggettive o metaforico-biologiche che
Reich condannò a suo tempo come “sociologia selvaggia”, ma da cui lui stesso fu
in qualche modo contagiato.
Anche
il tentativo fatto da Reich per dimostrare che la psicoanalisi è una scienza
dialettica, è piuttosto discutibile. Discutibile in particolare la
semplificazione del problema della dialettica che l’A. tende a ridurre ad una
formula hegeliana “rovesciata” in modo letterale.
[29] Watzlawick P., Beavin J.H.,
Jackson D.D., Pragmatica della
comunicazione umana, Ed. Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971, p. 22.
Per
dimostrare la dialetticità della psicoanalisi egli tenta di analizzare sotto
l’ottica dialettica e non senza una certa abilità, una serie di concetti e
argomentazioni analitiche. Scompone così la teoria psicoanalitica in un certo
numero di processi (processo di formazione del sintomo, processi della libido
narcisistica e della libido oggettuale, conscio e inconscio ecc.) e sottopone
ciascuno di essi ad uno studio isolato. “ma con questo metodo - osserva
giustamente Sapir - è possibile presentare come dialettiche e materialistiche
se non tutte, almeno numerose teorie assai lontane dal marxismo… La
psicoanalisi non è una semplice giustapposizione di alcune grandiose scoperte
scientifiche, ma un sistema coerente, i cui diversi elementi hanno un valore
ben definito li uni rispetto agli altri. Le cose allora cambiano di molto. Per
evitare gli errori, lo studio di ognuno dei principi deve tener conto
costantemente della dottrina nel suo insieme, oppure, per lo meno del suo
nucleo fondamentale. Ora Reich studia successivamente, e indipendentemente gli
uni dagli altri, dapprima il processo di formazione delle nevrosi, poi
l’alternanza di piacere e dispiacere, in seguito l’identificazione ecc., e
ricerca in ognuno di questi processi gli elementi che illustrano un principio
qualsiasi della dialettica. Oppure procede per via inversa (per esempio, la
trasformazione della quantità in qualità) e sceglie degli esempi corrispondenti
nel materiale psicoanalitico a sua disposizione. Una tale procedura comporta
numerosi elementi formali, ma non c’è nulla di più estraneo alla dialettica che
il formalismo”.[30]
In effetti anche l’ “estrazione” di alcuni risultati validi del contesto
della dottrina psicoanalitica, deve comportare una ricontestualizzazione di
tali risultati, come ha...
[30] Sapir I., Freudismo, Sociologi e psicologia, op.
cit., p. 82.
fatto
notare Althusser a proposito dell’ “estrazione del nucleo razionale” dal
pensiero di Hegel.[31]
Comunque
la discussione se il pensiero di Freud è dialettico o meno[32], potrebbe continuare per
molto e richiederebbe uno spazio che qui non può essere concesso. Primariamente
ci sarebbe da discutere soprattutto se e in che termini il materialismo
dialettico è valido, in particolare come deve essere inteso il
materialismo dialettico.
Questione
tutt’ora dibattuta è ad esempio il rapporto intercorrente fra materialismo
dialettico e materialismo storico. Mentre per alcuni teorici il materialismo
storico sarebbe un caso specifico di applicazione (alla società umana) del
materialismo dialettico inteso come universale concezione del mondo, altri
respingono questo rapporto di inclusione e subordinazione del materialismo
storico al materialismo dialettico. Così ad es. Gramsci sostiene che la
dialetticità è peculiare della storicità umana, per cui il materialismo
dialettico si identifica e si risolve nel materialismo storico. Oppure vedi gli
scritti di Sartre sul metodo dialettico in particolare Critica della ragione dialettica, dove viene criticata la
dialettica presa come legge astratta e universale della natura; vedi anche, per
citare solo alcuni esempi problematici, gli interessanti saggi di Louis
Althusser sulla dialettica. Althusser è contrario ad ogni idea di
contraddizione semplice ed alla concezione di ogni rovesciamento puro e
semplice dello schema dialettico hegeliano. Egli interpreta invece il processo
dialettico come processo “complesso” mosso da contraddizioni complesse e
“ineguali” dove si presentano zone di “rottura” più che di “superamento”
(“Aufhebung” secondo la dialettica hegeliana).
[31] Cfr. i saggi di Louis
Althusser sulla ‘dialettica’ in Per Marx,
Editori Riuniti, Roma 1967.
[32] Vedi anche il già citato testo di
Volosinov “Freudismo”, compresa l’Introduzione
di G. Mininni, in particolare, pp. 35-36.
Ho citato questi casi per mostrare quanto non sia facile valutare la precisa ‘dialetticità’ di una disciplina.
Quello
che si può dire a proposito della psicoanalisi è che il concetto di conflitto,
centrale nella psicoanalisi, è un concetto sia scientifico, sia un concetto
centrale nel marxismo; e perciò bene fa Reich a mettere in evidenza come sia
Marx, sia Freud, non trattassero il funzionamento armonioso delle componenti di
una totalità, ma gli antagonismi e le contraddizioni che determinano il
movimento e il cambiamento nella totalità.
Come
bene fa Reich a evidenziare che sia Freud, sia Marx, cercarono ambedue di
andare oltre le “razionalizzazioni” (Freud) e la falsa coscienza”(Marx); ed in
questo senso il tentativo di promuovere una ‘pratica critica’ attraverso il
processo analitico è un fatto non trascurabile.
Reich
inoltre, come ho già accennato, dà un notevole contributo alla storicizzazione
di alcuni concetti psicoanalitici. In Materialismo
dialettico e psicoanalisi, ribadisce il suo tentativo di leggere
storicamente l’inconscio e le pulsioni e (come abbiamo visto anche
precedentemente) cerca di ridefinire storicamente il complesso di Edipo: “… il
complesso di Edipo sembra essere nella teoria psicoanalitica un punto fisso in
mezzo a fenomeni mobili. Ma esso può avere due spiegazioni. O il complesso di
Edipo viene concepito astoricamente come fatto immutabile, un dato della natura
umana. Oppure potrebbe essere che la forma familiare, sulla quale si basa
l’odierno complesso edipico, si mantenga da millenni immutata. Jones (Imago, 1928) sembra essere del primo
avviso e, in una discussione con Bronislaw Malinowski (Sex and Repression in
Savage Society,1927 – ISBN 978-0-41525554-7) sul complesso edipico nella
società matriarcale, ha asserito che il complesso di Edipo è fon set origo
universale”.
Reich
considera falsa questa concezione, perché presentare come identici in ogni
società quei rapporti del bambino con i genitori sorti in una certa realtà
sociale, significa teorizzare la immutabilità di tale realtà: “Eternare il
complesso di Edipo significa concepire come assoluta ed eterna la forma
familiare ad esso soggiacente, il che sarebbe come dire che l’umanità è stata conformata
dalla natura così come oggi appare.”
Riferendoci
poi agli studi di Malinowski sulla vita sessuale trobriandese egli afferma che
l’ipotesi del complesso di Edipo vale per tutte le forme di società patriarcale,
ma non per quelle matriarcali dove i rapporti dei figli con i genitori
sono così diversi da non giustificare una tale definizione delle relazioni.
“Secondo Malinowski - continua Reich - il complesso edipico è un fatto
socialmente condizionato che cambia forma col cambiare della struttura sociale.
Il complesso edipico in una società socialista deve tramontare poiché la sua
base sociale, la famiglia patriarcale, tramonta, perde la sua ragione d’essere.
E la prevista educazione collettiva dei figli è così sfavorevole alla
formazione di atteggiamenti psichici quali si sviluppano nella famiglia oggi, i
rapporti dei bambini fra loro e con gli educatori sono così multilaterali e
dinamici, che la designazione ‘complesso di Edipo’..perde il suo significato…
Il complesso di Edipo appare come un fatto condizionato, almeno nella sua
forma, socialmente e in ultima analisi economicamente … Freud, che in Totem e Tabù si basa sulla teoria di
Darwin dell’orda primitiva, concepisce il complesso edipico come causa
della repressione sessuale. Qui però viene manifestamente trascurata la
considerazione della società matriarcale. Secondo la linea interpretativa
Bachofen-Morgan-Engels appare la possibilità di concepire, al contrario, il
complesso edipico o la forma familiare che .....
ad
esso è sottesa, quale conseguenza della repressione sessuale che un tempo si è
instaurata”.[33]
Reich
discute anche un altro concetto fondamentale nella teoria freudiana, il
“principio della realtà”, e critica con molta acutezza l’applicazione astorica
e conservatrice che Freud ne aveva fatto e che gran parte degli psicoanalisti
ortodossi continuavano a fare. Nella discussione Reich cerca di guardare da
un’ottica storica anche al “principio del piacere”:
“Regolatore della vita istintiva è (secondo Freud) il ‘principio del
piacere-dispiacere ‘… Tutto ciò che reca piacere attrae e tutto ciò che reca
dispiacere allontana, il principio del piacere comporta un movimento e un
cambiamento della situazione esistente … Ma il modo di funzionamento dei
bisogni umani fondamentali trova la sua forma precisa soltanto attraverso
l’esistenza sociale dell’individuo, in quanto quest’ultima limita le
soddisfazioni istintuali. Tutte le limitazioni e le costrizioni sociali che riducono
i bisogni o ne differiscono le soddisfazioni, sono state conglobate da Freud
nella formula del ‘principio della realtà’ … Ma la definizione che il principio
di realtà è un’esigenza sociale rimane formalistica, se non comporta concretamente l’osservazione che il
principio della realtà, così come noi lo conosciamo, è il principio della
società capitalistica, cioè basata sull’economia privata. Riguardo alla
concezione del principio di realtà, nella psicoanalisi vi sono numerose
deviazioni idealistiche. Spesso il principio della realtà viene presentato come
un dato assoluto. Con l’adattamento alla realtà si intende semplicemente
l’adattamento alla società, il che, applicato alla pedagogia o alla terapia
delle nevrosi, rappresenta senza dubbio una formulazione conservatrice...
[33] Materialismo dialettico e psicoanalisi,op. cit., pp. 44-45.
Vedremo comunque meglio la visione antropologica reichiana, quando parlerò del
testo di Reich L’irruzione della morale
sessuale.
In
concreto : il principio della realtà dell’epoca capitalista esige dal
proletariato una forte limitazione dei suoi bisogni, non senza richiamarsi agli
obblighi religiosi o morali di umiltà e di modestia. Esso esige anche la forma
sessuale monogamica (nella sua forma coattiva) e altre cose ancora. Tutto ciò
trova la sua base nei rapporti economici; la classe dominante ha un principio
di realtà che serve a mantenere il suo dominio. Educare il proletariato a
questo principio di realtà, rappresentarglielo assolutamente valido in nome
della cultura significa accettare il suo sfruttamento, accettare la società
capitalistica. Occorre chiarire che il concetto della realtà, così come oggi,
nella psicoanalisi, viene inteso da molti, corrisponde, anche se
inconsciamente, a un atteggiamento conservatore e quindi in contrasto con il
carattere obbiettivamente rivoluzionario della psicoanalisi. Il principio della
realtà aveva prima altri contenuti e si trasformerà parallelamente
all’ordinamento della società. Anche i contenuti concreti del principio del
piacere naturalmente non sono assoluti, essi cambiano insieme con l’esistenza
sociale … L’ambiente sociale comincia a formare il contenuto del principio del
piacere fin dalla nascita …”[34]
C’è
da dire inoltre che in Materialismo
dialettico e psicoanalisi, Reich sviluppa più apertamente la polemica contro
le teorie dell’ ‘Istinto di morte’, a cui manca un fondamento materiale valido,
e le altre ipotesi teoriche e speculazioni metafisiche iniziate da Freud con il
saggio Al di là del principio del piacere
del 1920. In Die Funktion des Orgasmus aveva cercato di
evitare la polemica confinando in nota le sue riserve.
[34] Reich W., Materialismo dialettico e psicoanalisi, pp. 22-23-24-25.
Sul finire del saggio egli critica anche quegli analisti che credono al potere della psicoanalisi di trasformare il mondo mediante un’evoluzione, senza rivoluzione sociale.
Per
lui invece la psicoanalisi può svolgere il suo compito rivoluzionario dopo che
sia stata fatta la rivoluzione.
Tra
il 1929 ed il 1936 Reich cercherà di articolare meglio il processo di
cambiamento psicologico, con il processo di lotta e di cambiamento della
struttura sociale.
Nonostante
i limiti evidenziati, Materialismo
dialettico e psicoanalisi rappresenta in occidente uno dei primi e più
importanti tentativi di integrare la psicologia del profondo al pensiero
marxista. Questo scritto e gli altri che lo hanno seguito hanno influenzato
profondamente (benché non sempre venga ammesso) gli studi psicosociologici di
Horkheimer, Adorno, Fromm, Marcuse, la Horney … per citare solo alcuni.
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